La storia dell'oca
Affonda nei secoli bui la tradizione di cibarsi dell'oca nel giorno di S. Martino.
L'oca costituì assieme al maiale la riserva di grassi e proteine durante l'inverno del povero
contadino che si cibava quasi sempre solo di cereali e di grandi polente. Dopo gli egiziani
sentiamo parlare dell'oca da Omero che ci narra che i Greci tenevano l'oca come allegro
compagno d'infanzia, come guardiano . Anche i romani tenevano in grande considerazione le
oche che servivano da guardiani notturni del tempio della dea Giunone nel Campidoglio.
Le oche venivano ingrassate con fichi secchi provenienti dalle regioni meridionali per
rendere il fegato bello grasso. I romani chiamavano "iecor" il fegato e "iecor ficatum"
quello grasso , da cui l'italiano "fegato".
L'oca fu sempre allevata anche nel periodo
medioevale nei monasteri e nelle famiglie dei contadini, come ordinava Carlo Magno. A favorire
la diffusione dell'oca furono attorno al 1400 alcune comunità ebraiche di rito aschenazita
che si stabilirono, provenienti dall'Europa del nord, nelle regioni settentrionale della penisola
e quindi anche nel Veneto . Per motivi religiosi non potevano consumare carne di maiale, così i
loro macellai preparavano deliziosi salami e prosciuttini d'oca. L'oca era cibo prediletto
dalle ricche famiglie ebree sul finire dell'ottocento. Risulta che fra i barbari che saccheggiarono
Roma nel 390 a.C., sotto la guida di Brenno , il palmipede era pure "simbolo dell'aldilà e guida
dei pellegrini, ma anche della Grande Madre dell'Universo e dei viventi. La zampa dell'oca veniva
usata come "marchio" di riconoscimento dai maestri costruttori di cattedrali gotiche che si
chiamavano "Jars" che in francese vuol dire oche.
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Quella dell'11 nov. era una festa pagana di
origine antichissima , già della tradizione celtica, entrata a far parte delle feste cristiane
grazie a S. Martino. Questo periodo dell'anno fin dalla tradizione più antica dedicato a S. Martino
è sempre stato collegato alle oche. La leggenda racconta infatti che Martino, nonostante l'elezione
a furor di popolo a Vescovo di Tours, non voleva abbandonare il saio e cercò di nascondersi, ma furono
proprio le oche a stanarlo e così divenne vescovo amatissimo di Tours e poi Santo per la sua bontà nei
confronti dei poveri. Secondo alcuni però la tradizione di mangiar l'oca ai primi di novembre non è
altro che la conseguenza del fatto che in questo periodo le oche selvatiche migrano verso sud e quindi
è più facile cacciarle. Nel secolo scorso e fino ai primi del Novecento l'oca era anche mezzo di scambio.
Con essa fittavoli e mezzadri pagavano ai nobili proprietari terrieri una parte del dovuto. Oppure si
recavano al mercato e scambiavano le oche con stivali come ricorda la fiera di S. Andrea a Portogruaro
nel Veneto , detta "Fiera delle oche e degli stivali".
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Non vanno dimenticati i detti : "Oca, castagne e
vino, tieni tutto per S.Martino", oppure il venetissimo "Chi no magna oca a S. Martin no'l fa el beco de un
quatrin" . Questo spiega che la ricorrenza di S. Martino era una specie di capodanno contadino nel corso del
quale si festeggiava. Per la nostra tradizione contadina , più semplicemente, l'oca era considerata il maiale
dei poveri.
L'oca fu protagonista di molte famosissime favole scritte da Andersen, Grimm , Selma Lagerlof e altri
ancora. Konrad Lorenz fece dell'oca l'oggetto dei suoi studi di etologia. Chi non ricorda la simpatica oca Martina?
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